Eredità longobarda tra Crevalcore e Pavullo




2015 18 ottobre

Continuità del prestigio delle famiglie nobili tra il X e il XII sec.

Un importante scorcio di storia delle famiglie di tradizione longobarda insediate tra il X e il XII secolo  lungo il confine con il territorio bizantino nel tratto militarizzato compreso tra Crevalcore e Pavullo è stato illustrato da Patrizia Cremonini, direttrice dell’Archivio di Stato di Modena, in una conferenza svoltasi a Sant’Agata Bolognese. Quantunque il Regno longobardo si fosse dissolto sin dal 774 e molta parte della nobiltà longobarda si fosse trasferita nei Principati del Sud, la continuità della tradizione longobarda rimase viva nel tempo: segno evidente di quanto forte sia stato l’imprinting dell’eredità di sangue del popolo del nord.


Al tempo del confronto tra Longobardi e Bizantini, questi ultimi affidarono la propria difesa a un cordone di centri fortificati ad est dell’antico Panaro: Persiceta (a S. Giovanni in Persiceto), Verabulum (forse a Crespellano), Buxo (Bazzano), Montebellium (Monteveglio), Samourghia (a Savigno), Ferronianum (Pavullo nel Frignano), Brento (a Monzuno).


Una volta dissoltasi la frontiera, il prolungato vuoto insediativo causato dalla forte militarizzazione dell’ampia striscia di territorio solcata dal grande fiume favorì l’incameramento nel patrimonio del fisco pubblico (prima metà del sec. VIII). Alcune terre vennero assegnate ai monasteri regi longobardi. Ampia donazione fece re Astolfo al cognato Anselmo per la fondazione dell’abbazia di Nonantola (751/752). Altre concessioni favorirono i cenobi di S.Benedetto di Leno (terre a Panzano e a Bazzano) e di S. Salvatore e S. Giulia di Brescia (terre a Piumazzo, altre acquistate a Redù). La chiesa di Modena, forse beneficiata da Astolfo con un diploma della metà del sec. VIII, estese proprietà soprattutto a sud della via Emilia verso le colline.Tra i secc. X e XI il vescovo favorì la migrazione di gruppi consortili da un capo all’altro dell’antica fascia militarizzata. I Petri Rozoni de Persiceta, uniti da vincoli di sangue con i de Vezo di Monteveglio e i de Pulinaco di Polinago, estesero i loro possessi da una zona tra Persiceto e S.Agata Bolognese, a Monteveglio, poi nel Frignano a Polinago e a Pieve Pelago, legandosi qui ai potenti Canossa. Gli Arimanni e i Blancani da Polinago si radicarono tra Crevalcore e S.Agata, nel cuore dei beni che il vescovo cercò di difendere ancora a fine sec. XII contro il potere della grande abbazia nonantolana.


Appartenenti a differenti livelli sociali, tutti legarono le loro sorti all’episcopio cittadino, insediandosi dove questi aveva giurisdizione e seguendo l’antico limes tra Bizantini e Longobardi che continuava ad orientare lungo la sua direttrice gli uomini. Radicati lungo l’ex confine, essi mantennero tradizioni e usi longobardi: i de Vezo di Monteveglio seguivano la legge longobarda, mentre i de Pulinaco avevano nomi propri di origine germanica (Gausberto, Walberto) pur aderendo alla legge romanica. Evidente l’origine longobarda nei cognomi Arimanni e Blancani derivando dai termini longobardi “ariman, arimannus” (“uomo libero, proprietario”) e “blanka” (“candido, luminoso”).